Di talidomide tutti ne abbiamo sentito parlare. È stato forse uno dei capitoli più tristi della storia della farmacologia. È infatti il primo farmaco universalmente riconosciuto come “teratogeno” e non si contano, infatti, le “vittime” della talidomide: i bambini focomelici.
Pur se doloroso, è stato un capitolo che ha segnato la storia della medicina e dello sviluppo clinico dei medicinali, che da allora devono sottoporsi a accurati test per la teratogenicità prima di poter essere utilizzati in terapia.
La talidomide, che negli anni ’50 veniva utilizzata per indurre il sonno, possiede in realtà soprattutto attività immunosoppressiva.
Tali proprietà hanno condotto alla sperimentazione del farmaco in un'ampia gamma di patologie la cui eziologia potrebbe coinvolgere il sistema immunitario: prurito nodulare, prurito attinico, lupus erythematosus, aftosi.
Il farmaco si è dimostrato efficace in pazienti con ulcerazioni aftose a livello orofaringeo, esofageo e rettale, correlate ad infezioni da HIV (sembra infatti in grado di limitare la replicazione del virus HIV).
Un altro campo dove si sta registrando una certa utilità nell’impiego della talidomide è nel trattamento dei carcinomi veterinari.
Prendiamo per esempio l’emangiosarcoma canino (HSA): una neoplasia canina aggressiva con prognosi negativa, per la quale la chemioterapia “classica” e la chirurgia sembrano avere limitati successi nel migiorare la qualità e la lunghezza della vita dei cani affetti.
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La moxa è una pratica della Medicina Tradizionale Cinese che prevede di bruciare delle erbe (l’Artemisia vulgaris in particolare), vicino alla pelle. Questo processo serve a stimolare I punti di agopuntura per ottenere delle risposte nell’organismo.
L’agopuntura è una pratica olistica e complessa che prevede la stimolazione di numerosi punti nel corpo per ottenere una risposta terapeutica.
In questa pratica difficilmente si identificano punti “magici” in grado di risolvere da soli una condizione patologica, ma fa eccezione Zhiyin.
Zhiyin è il nome cinese con cui viene indicato il 67esimo punto del canale della vescica e la traduzione letterale del nome è “Raggiungimento dello Yin”.
Questi è un punto di tonificazione collocato nel lato esterno del Quinto dito del piede, che nella pratica della MTC viene utilizzato per purificare il Calore, dissolvere l’Umidità Calore e sottomettere il qi ribelle della testa (tradotto: cefalee, vertigini, occhi rossi, minzione difficoltosa o dolorosa).
Ma, tra tutte, una proprietà particolarmente interessante che lo vede utilizzare anche nella pratica medica “occidentale” è quella di indurre al corretto posizionamento I bambini che si presentano in posizione podalica prima del parto.
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La maggior parte dei testi che ci provengono da questo periodo storico li dobbiamo alla diffusione del monachesimo ed in particolare a San Benedetto, che fonda il monastero di Montecassino nel 529, con la regola “Ora et labora”. Nei monasteri erano presenti sia delle strutture dette “Hortus conclusus”, dove si coltivavano le erbe, sia delle Spezierie, dove si confezionavano i medicamenti.
Nascono quindi i primi ospedali: Santa Maria Nova a Firenze 1288 e Santa Maria della Scala a Siena 1090, e le università (Bologa metà XII sec, Padova 1222).
In più, appaiono le prime “Arti o Corporazioni”, il cui fine era di affermare e difendere le competenze professionali e gli interessi dei propri membri. Nascono quindi gli “speziali”, che pur facendo parte della stessa corporazione, si dividono i compiti tra “medico” e “preparatore” (diremmo oggi “medico” e “Farmacista”) con compentenze ed obblighi diversi.
La medicina cinese ed ayurvedica ancora oggi considerano le patologie anche come una combinazione dei diversi agenti patogeni derivati dalla teoria dei 5 elementi.
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Mai come in questo caso ci viene da dire: “grazie Madre Natura!”
Infatti, l’atropina è il principale alcaloide prodotto dall’Atropa belladonna, che proprio per questo è classificata come pianta velenosa.
L’ingestione di atropa belladonna porta a difficoltà di deglutizione, sete, arrossamento della cute, bradicardia seguita da tachicardia, aritimie, stipsi e dilatazione delle pupille con perdita dell’accomodazione.
Tali effetti sono dovuti alla capacità dell’atropina di bloccare dei recettori detti “muscarinici” che si trovano in vari distretti dell’organismo.
In terapia viene utilizzata per l’ipermotilità intestinale o prima dell’anestesia totale per ridurre la secrezione salivare, ma quel che più ci interessa in questa sede è il suo effetto a livello oculare.
Se è il “classico” collirio che utilizza l’oculista per far dilatare la pupilla (midriasi dovuta al mancato accomodamento alla luce) e valutare il “fundus oculi” ha come effetto collaterale di paralizzare l’accomodazione e quindi far vedere tutto un po' “sfuocato” per un breve periodo, impedendo inoltre la convergenza dei globi oculari.
E proprio per queste sue proprietà viene utilizzata per controllare la progressione della miopia, specie nei bambini.
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