Presente nelle bacche e nella frutta secca (more, melograno, lamponi, noci), l’acido ellagico è un derivato all’idrolisi di tannini con spiccate proprietà antiossidanti, e non solo.
Scoperto dal chimico Henri Braconnot nel 1831, fu sintetizzato per la prima volta nel 1905 ad opera di Maximilian Nierenstein che lo preparò a partire da algarrobilla, dividivi, corteccia di quercia, melograno, myrobalan e quercia vallonea.
Numerosi studi lo vedono in grado di ridurre la tossicità di numerosi composti sulla motilità degli spermatozoi.
Ma altre possibili applicazioni di questo composto, recenti studi ne ipotizzano l’efficacia per il trattamento del deficit cognitivo in pazienti anziani.
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La Tachicardia sopraventricolare è un’aritmia che origina nello spazio compreso tra l’approdo cardiaco delle vene e il fascio di His. La frequenza cardiaca può innalzarsi fino a 300 battiti al minuto, in base all’età e al meccanismo aritmogenico.
L’incidenza del 2-3 per mille attesta le tachicardie sopraventricolari (TSV) come le aritmie più frequenti dell’età pediatrica entro il primo anno e dopo i 6-7 anni. Circa il 40% dei pazienti pediatrici presenta il primo episodio nel primo mese di vita, più del 50% entro il primo anno di vita. In generale, dopo il primo episodio, un bambino ha alte probabilità di recidiva nei successivi 10 anni.
Le tachicardie sopraventricolari in età pediatrica rappresentano una sfida non solo per il pediatra, ma anche per il cardiologo che si trova di fronte ad un piccolo paziente in una situazione di emergenza.
Particolare da non sottovalutare è la correlazione che esiste tra aritmie ventricolari (di cui la tachicardia fa parte) e la prevenzione della morte cardiaca improvvisa.
Compito del medico è scegliere una terapia appropriata che tenga conto dell’aritmia, delle condizioni mediche associate che possono contribuire e/o esacerbare l’aritmia, del rischio ad essa correlato e dei rischi benefici della potenziale terapia.
In tal senso, l’opportunità di una preparazione galenica può essere di cruciale importanza, in quanto vi può essere la necessità di ricorre a principi attivi la cui stabilità nel tempo è da valutare attentamente.
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Con l'arrivo del freddo, cresce la voglia di bevande calde per ristorarci e riscaldarci.
Cioccolata e Caffè dal Sud America, Thè dall’estremo oriente: bevande che sono entrate relativamente tardi ma prepotentemente nella gastronomia occidentale.
Sarebbe ad oggi impensabile togliere agli inglesi il “thè delle cinque”, o a noi italiani la “pausa caffè” o la cioccolata calda d’inverno.
Ma queste bevande, oltre che soddisfare i piaceri della gola, possiedono anche proprietà benefiche per il nostro organismo.
Il thè verde (Camelia sinensis) non ha certo bisogno di presentazioni, poiché ormai sono innumerevoli le pubblicazioni scientifiche che ne attribuiscono attività antiossidante e chemiopreventiva grazie al contenuto di polifenoli, in particolare l’Epigallocatechingallato (ECEG).
Sebbene il thè verde sia il “The” per antonomasia nelle zone di produzione, ovvero in Cina e Giappone, e la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua (basti pensare che in Cina lo beve quotidianamente circa 1miliardo di persone) in occidente ha trovato successo per i palati soprattutto il the nero.
Il processo di torrefazione che scurisce le foglie di thè e ossidandone molti componenti. Questo ne riduce enormemente il potere antiossidante, eliminando però anche il sapore “erbaceo tipico del thè verde e rendendo la bevanda più piacevole.
Non tutti gli effetti si sono persi, però. Un recente articolo di Butacnum sottolinea come l’assunzione di thè nero riesca a migliorare il picco glicemico post-prandiale sia in soggetti sani che in pre-diabetici. I polifenoli polimerizzati del thè nero, sono stati somministrati assieme a del saccarosio raccogliendo poi campioni di sangue per la valutazione glicemica e insulinemica ogni mezz’ora fino a 2 ore dopo l’assunzione. I polifenoli hanno diminuito il picco di glicemia sia nei soggetti sani che in quelli pre-diabetici, senza tuttavia modificare i livelli di insulina. Rimarrebbe da valutare, quale tra le molte varietà di thè nero sia la più ricca di questi polifenoli, viste la gran varietà presente in commercio.
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Sotto il generico nome di anice si raggruppano piante che non hanno in realtà parentele botaniche. Le piante sono accomunate dall'aroma dei loro semi o frutti, praticamente identico.
Si suppone che siano tutte arrivate dall'Oriente in tempi remoti. L'anice è una delle spezie più antiche, ed è diffusa in molte cucine. Era già conosciuta e utilizzata dai Greci, dagli Egizi e dai Romani per dare gusto alle vivande a base di pollo, maiale, verdure e piccoli biscotti digestivi.
Dal Medio Oriente antico si diffuse nel bacino del Mediterraneo e da lì in Europa, tanto che nel Medioevo era un ingrediente di numerose ricette in quasi tutti i paesi.
L’anice stellato, Illicium verum, era già conosciuto nella medicina tradizionale cinese, per le sue proprietà antidolorifiche e depurative. Il frutto è diviso in lobi, ognuno dei quali porta un seme lucido.
Il suo componente più interessante dal punto di vista salutistico è l'olio essenziale, composto principalmente da anetolo. A questa molecola si deve il tipico profumo.
L’utilizzo terapeutico è poco frequenteper il rischio di adulterazioni con altre specie di anice con differenti proprietà.
Sicuramente, l’uso per cui è più conosciuto attualmente è come precursore di farmaci antivirali e come base per la sambuca.
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