Con l'arrivo del freddo, cresce la voglia di bevande calde per ristorarci e riscaldarci.
Cioccolata e Caffè dal Sud America, Thè dall’estremo oriente: bevande che sono entrate relativamente tardi ma prepotentemente nella gastronomia occidentale.
Sarebbe ad oggi impensabile togliere agli inglesi il “thè delle cinque”, o a noi italiani la “pausa caffè” o la cioccolata calda d’inverno.
Ma queste bevande, oltre che soddisfare i piaceri della gola, possiedono anche proprietà benefiche per il nostro organismo.
Il thè verde (Camelia sinensis) non ha certo bisogno di presentazioni, poiché ormai sono innumerevoli le pubblicazioni scientifiche che ne attribuiscono attività antiossidante e chemiopreventiva grazie al contenuto di polifenoli, in particolare l’Epigallocatechingallato (ECEG).
Sebbene il thè verde sia il “The” per antonomasia nelle zone di produzione, ovvero in Cina e Giappone, e la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua (basti pensare che in Cina lo beve quotidianamente circa 1miliardo di persone) in occidente ha trovato successo per i palati soprattutto il the nero.
Il processo di torrefazione che scurisce le foglie di thè e ossidandone molti componenti. Questo ne riduce enormemente il potere antiossidante, eliminando però anche il sapore “erbaceo tipico del thè verde e rendendo la bevanda più piacevole.
Non tutti gli effetti si sono persi, però. Un recente articolo di Butacnum sottolinea come l’assunzione di thè nero riesca a migliorare il picco glicemico post-prandiale sia in soggetti sani che in pre-diabetici. I polifenoli polimerizzati del thè nero, sono stati somministrati assieme a del saccarosio raccogliendo poi campioni di sangue per la valutazione glicemica e insulinemica ogni mezz’ora fino a 2 ore dopo l’assunzione. I polifenoli hanno diminuito il picco di glicemia sia nei soggetti sani che in quelli pre-diabetici, senza tuttavia modificare i livelli di insulina. Rimarrebbe da valutare, quale tra le molte varietà di thè nero sia la più ricca di questi polifenoli, viste la gran varietà presente in commercio.
Stessa domanda ci si potrebbe porre riguardo il thè verde. Anche in questo caso, cambiando varietà di thè, e quindi il gusto, ci si può ragionevolmente aspettare che il contenuto di catechine vari anche di molto.
L’utlità delle catechine, non è solo come antiossidante o chemiopreventiva. Assumendo giornalmente 500ml di infuso di thè verde (570mg di catechine complessive) per 8 settimane, Butacnum e Chongsuwat hanno dimostrato un miglioramento nella ventilazione e nel recupero durante e post-esercizio aerobico. In particolare si è aumentato il livello di emoglobina ossigenata e i livelli di mioglobina (rispetto al placebo).
Il thè è anche una bevanda eccitante per il suo contenuto di “teina”. La teina, altro non è che il nome attribuito ad una xantofillina che si pensava esclusiva della Camelia sinensis, salvo poi scoprire che è strutturalmente uguale alla più nota caffeina.
La caffeina presente nel thè e nel caffè (Coffea arabica), oltra ad avere effetto stimolante del sistema nervoso centrale, è imputata anche di possibili “effetti collaterali” dell’assunzione di queste bevande quali tachicardia, gastrite ed insonnia. Inoltre, può aumentare la pressione vascolare.
Sembrerebbe quindi da sconsigliare alle persone con rischio cardiovascolare. Tuttavia un recente studio di Ota e Soga porta alla luce dati epidemiologici che indicano come l’assunzione di caffè e thè possa ridurre ictus e malattie coronarie dal 10 al 20%. L’assunzione moderata di caffè, sembra inoltre in grado di ridurre lo sviluppo di diabete di tipo 2. Mai come in questo caso non bisogna esagerare: infatti, aumentando la dose di caffè (e quindi di caffeina) si possono incorrere in effetti pressori acuti e nell’innalzamento del colesterolo (dovuto ai lipidi presenti nel caffè).
Ma se la caffeina può essere un aspetto da valutare per l’assunzione di caffè, sicuramente i polifenoli ed altre molecole ancora da specificare di thè e caffè riescono a modulare la funzione endoteliale, il metabolismo del glucosio, il trasporto del colesterolo e la formazione di placche aterosclerotiche.
In questo aspetto giocano un ruolo cruciale anche i flavonoidi del cioccolato (Theobroma cacao). I benefici del cioccolato si attribuiscono alle varietà “fondenti” (dal 75% in poi), poiché altrimenti il contenuto di zuccheri inficia gli effetti benefici del polifenoli. Il cioccolato, ed in particolare il flavan-3-olo, modifica positivamente la funzione delle piastrine: riduce l’aggregazione piastrinica, agendo sull’adenosina difosfato e la trombina.
La tradizione di mangiare cioccolato in montagna ha poi trovato conferma scientifica in uno studio italiano del 2014, dimostrando che il cioccolato fondente produce vasodilatazione arteriosa e abbassa lo stress ossidantivo mediato da NOX-2. In particolare, il cioccolato fondente ha migliorato l’automonia di camminata in montagna di pazienti con malattia arteriosa periferica (peripheral artery disease: PAD).
Luca Guizzon
Fonti
Asia Pac J Clin Nutr. 2017 Jan;26(1):59-64. Black tea consumption improves postprandial glycemic control in normal and pre-diabetic subjects: a randomized, double-blind, placebo-controlled crossover study.
Butacnum A, Chongsuwat R, Bumrungpert A
Biosci Biotechnol Biochem. 2016 Daily consumption of tea catechins improves aerobic capacity in healthy male adults: a randomized double-blind, placebo-controlled, crossover trial. Ota N, Soga S, Shimotoyodome A
Mol Nutr Food Res. 2013 Feb;57(2):191-202. Flavan-3-ol-enriched dark chocolate and white chocolate improve acute measures of platelet function in a gender-specific way--a randomized-controlled human intervention trial. Ostertag LM, Kroon PA, Wood S, Horgan GW, Cienfuegos-Jovellanos E, Saha S, Duthie GG, de Roos B
J Am Heart Assoc. 2014 Jul 2;3(4). Dark chocolate acutely improves walking autonomy in patients with peripheral artery disease. Loffredo L et al