Ovvero, come può l’omeopatia mandare “in Cina” i casi di elmintosi!
La Cina è, infatti, un rimedio omeopatico la cui peculiarità è il trattamento dei casi di elmintosi, i cui sintomi tipici sono prurito anale e dolori alla pancia.
Il paziente colpito da vermi intestinali, simillimum di Cina, troverà giovamento dal riposare in posizione genu-pettorale o sull’addome; questo perché avrà sollievo all’addome teso e duro (con eventualmente crampi e diarrea).
I soggetti “Cina” sono sempre molto affamati: dopo aver mangiato avranno subito nuovamente fame e questo è un sintomo che peraltro si può riscontrare in caso di infezione da tenia o “verme solitario”. La tenia si mantiene in vita nutrendosi del cibo che arriva nel nostro intestino, sottraendolo all’assimilazione e tenendo il paziente in uno stato di perenne fame, proprio perché non assorbe quello di cui si nutre.
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Si chiama Boswellia serrata ed è un albero tipico dell’India detto anche “pianta dell’incenso”.
Da sempre, la sua resina è utilizzata nella medicina popolare ayurvedica come un toccasana contro un’ampia gamma di malesseri: la sua attività anti-infiammatoria, anti-artritica e analgesica è stata del resto ampiamente dimostrata da studi di settore, trovando il riscontro necessario alle intuizioni dei vecchi medici indiani.
Negli ultimi anni, le ricerche si stanno concentrando sugli effetti della Boswellia sull’osteoartrite, la malattia che colpisce l’articolazione del ginocchio e che oltre ad essere molto comune, è anche progressiva, degenerativa, scheletrica, e infine cronica.
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Le coliche addominali, nella teoria omeopatica, possono essere trattate con due differenti rimedi: Magnesia phosphorica e Colocynthis.
La peculiarità che ci permettere riconoscere il simillimum è il carattere del paziente: tanto Magnesia sarà una persona mite e pacifica, tanto colocynthis sarà collerico ed iracondo.
Il paziente colocynthis è una persona che trattiene la rabbia, addossa la colpa del suo dolore agli altri, si offende facilmente e non tollera essere contraddetto.
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Si narra che uno dei più bizzarri precetti pitagorici fosse quello di astenersi dal mangiare fave.
Sembra infatti che lo stesso Pitagora, come tanti intorno a Crotone nel sesto secolo a.C., soffrisse di favismo: il disturbo che porta a crisi emolitiche per mancanza di glucosio, spesso scatenato dal consumo del comune legume. Dal maestro agli allievi: i più grandi matematici dell’antichità non mangiavano fave.
Ora, se anche voi come i pitagorici soffrite di favismo, gli estratti al mentolo non fanno per voi. In caso contrario, ci sono interessanti novità circa gli effetti della pianta verde.
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