Che il metodo migliore di assunzione della cannabis sia il vaporizzatore è noto a tutti (ne abbiamo già parlato QUI e QUI), ma che possa avere utilità nell’asma è un aspetto non valutato neppure dal recente decreto ministeriale.
Già nel 1975 uno studio americano aveva analizzato l’efficacia della cannabis fumata per ridurre il broncospasmo in un modello di asma indotta.
Dopo l’induzione sperimentale di broncospasmo acuto (con sostanze chimiche o per esercizio fisico) in 8 soggetti con asma bronchiale stabile, si sono somministrati 500mg di cannabis per via inalatoria (2%THC). I parametri considerati sono stati il flusso delle vie aeree e il volume di gas toracico inspirato comparando il trattamento con il placebo (isotonica) o isoproterenolo (farmaco broncodilatatore) in aerosol.
Dopo l’induzione del broncospasmo, il placebo ha prodotto pochi cambiamenti nel flusso di aria, mentre 2% di THC e l’isoproterenolo hanno entrambi prodotto una pronta correzione del broncospasmo e una iper-inspirazione. Nel broncospasmo indotto da esercizio fisico, il placebo ha ridotto i sintomi dopo 30 o 60 minuti, mentre la marijuana al 2% e l’isoprotenrenolo hanno causato una immediate reversione dell’asma indotta.
Il merito di questa efficacia sembra dovuta non al famoso THC (per una volta), ma ad un altro cannabinoide: 1 delta1-trans-tetrahydrocannabinol, (delta1-THC). Infatti, isolando questo composto, si è visto che è in grado di produrre broncodilatazione in pazienti asmatici con variazioni nel tempo di insorgenza, durata ed effetto direttamente proporzionale alla dose somministrata.
Tuttavia è qui necessaria fare una differenziazione tra cannabis fumata e cannabis vaporizzata.
Infatti, la relazione tra fumare cannabis e funzione polmonare o le complicazioni polmonari è paragonabile al fumo di sigaretta.
Se è vero che in acuto e occasionalmente, la “canna” può avere effetto broncodilatatore, è anche vero che l’uso prolungato reigstra un aumento di rischi polmonari come: tosse, flegma, e respiro affannoso
Questo perchè, proprio come per le sigarette, l’assunzione di cannabis fumata per lungo periodo, a causa dell’inalazione di prodotti di degradazione dovuti alla combustione della sostanza è associata, così come il fumo di sigaretta, ad un aumento di rischio di patologie ostruttive polmonari.
E qui sta il “trucco” dei vaporizzatori. Infatti, questi strumenti riscaldando la cannabis a temperature sufficientemente alte per rilasciare i principi attivi (circa 210°C), ma abbastanza “fresche” da evitare la combustione del materiale vegetale e la seguente la produzione di tossine.
I vaporizzatori, esaltando l’effetto broncodilatatore della cannabis, possono evitare la comparsa di sintomi respiratori, anche se vi è uso concomintante di sigarette. Ovviamente l’effetto broncodilatore dipende molto dalla dose di cannabis assunta e dalla quantità di tabacco fumato.
Se vogliamo smettere di fumare ci sono anche altri metodi.... (QUI)
Ma come si respira bene... vaporizzando!
Luca Guizzon
Fonti:
- "Bronchodilator effect of delta1-tetrahydrocannabinol." J P Hartley, S G Nogrady, and A Seaton, Br J Clin Pharmacol. 1978 Jun; 5(6): 523–525.
- "Effects of Marijuana Smoking on Pulmonary Function and Respiratory Complications: A Systematic Review" Jeanette M. Tetrault, MD, Kristina Crothers, MD, Brent A. Moore, PhD, Reena Mehra, MD, MS, John Concato, MD, MS, MPH, and David A. Fiellin, MD, Arch Intern Med. 2007 Feb 12;167(3):221-8.
- "Decreased respiratory symptoms in cannabis users who vaporize", Mitch Earleywine and Sara Smucker Barnwell, Harm Reduct J. 2007 Apr 16;4:11.