La cannabis, è una pianta e come ogni pianta, è e sarebbe riduttivo identificarne le proprietà basandosi esclusivamente su un unico costituente attivo.
Più corretto, ma anche necessario, identificare piuttosto l’attività della Cannabis sativa pensando al suo fitocomplesso, ovvero all’insieme dei metaboliti secondari prodotti dalla pianta.
Ecco quindi che potremmo avere delle sorprese, come scoprire che particolari varietà, contengono sì THC, CBD, THCV, CBG e gli altri cannabinoidi più o meno famosi in grandi quantità, ma in quantità e varietà ancora maggiori di terpeni.
Per analizzare l’importanza che svolgono queste molecole nel nostro organismo (anche a sostegno dell’attività dei più conosciuti cannabinoidi), vogliamo analizzarne uno in particolare: il mircene. La scelta, non è fatta a caso, in quanto in molte varietà in commercio (Bedica, Bediol, Bedrobinol e Bedrolite) la concentrazione di questo terpene supera la concentrazione di THC e/o CBD.
Per iniziare a parlare degli effetti farmacologici del mircene, tuttavia, non parleremo della cannabis, ma del basilico.
Per onor di cronaca, lo studio non considerava il basilico (Ocium basilicum) che viene tradizionalmente utilizzato per il pesto ed in gastronomia, ma un basilico africano (Ocium gratissimum).
Il mircene è, infatti, componente di molti olii essenziali tra cui quello del basilico, che viene utilizzato nella medicina popolare africana per trattare stati dolorosi. Test dolorifici svolti su ratti hanno permesso di assimilare l’efficacia antinocicettiva dell’olio essenziale di basilico (e dei suoi singoli componente mircene ed eugenolo) a quella del pregabalin, in particolare riducendo l’infiammazione del nervo sciatico.
Ma torniamo a piante ancor più note.
Il lemongrass, infatti, contiene anch’esso mircene nel suo olio essenziale e anche in questo caso l’effetto antinocicettivo è stato significativo. In particolare si è potuto osservare come il mircene agisca a licello dei recettori alpha 2-adrenonergici stimolando il rilascio di oppioidi endogeni.
Preso singolarmente, il mircene (β-myrcene in questo caso) è anche in grado di ridurre i danni ossidativi e tissutali causati da attacchi di ischemia-riperfusione, sia in prevenzione che dopo l’attacco.
Quindi non solo con THC si cura grazie alla Cannabis. Infatti, è stato scientificamente dimostrato il contributo sinergico all’attività analgesica, antiinfiammatoria, ansiolitica, contro l’epilessia e antimicrobica dovuta ad altri fitocannabionidi (tetrahydrocannabivarin, cannabigerol and cannabichromene), così come a numerosi terpeni: limonene, myrcene, α-pinene, linalool, β-caryophyllene, caryophyllene oxide, nerolidol and phytol.
I terpeni, inoltre, sono estremamente potenti poiché in grado di influenzare il comportamento umano a dosi nanomolari (basti pensare al senso di “rilassamento” indotto dall’aromaterapia con lavanda).
Val quindi la pena di utilizzare appieno il fitocomplesso della cannabis, ed evitare forme estrattive (esp: riscaldamento a temperature sopra i 100°C prima dell’estrazione in olio) che, riducendo il contenuto di terpeni, minino la varietà e qualità dei principi attivi contenuti nella droga.
Abbiamo già ampiamente descritto in precedenti articoli che per sfruttare appieno le proprietà terapeutiche della cannabis, il metodo migliore è la vaporizzazione.
Infatti, analizzando il vapore prodotto dalle varietà Bedrocan, Bediol e Bedrobiol si è dimostrato che è ricco, oltre che di THC, CBD e CBG anche di myrcene e terpinolene.
Non solo, i ricercatori olandesi hanno corroborato l’utilità della vaporizzazione della Cannabis evidenziando come siano equivalenti le capacità di legare il recettore CB1 (sito di legame elettivo del THC) tra il THC sintetico e il THC inalato.
E ci sarà un motivo se Bob Marley la cannabis la “vaporizzava”, no?
Luca Guizzon
Fonti: