La ricerca della semplificazione dei termini è forse mai tanto evidente quanto nel caso dell’inositolo. E siamo caduti nella trappola anche noi, già con questa prima frase.
Infatti, l’ “inositolo”, chimicamente, altro non è che una molecola di cicloesano avente come sostituenti tutti gruppi alcolici.
Il “dilemma” dell’inositolo è che, la disposizione spaziale dei sostituenti alcolici (sopra o sotto il piano individuato dalla struttura di cicloesanica di base) ne modifica in modo importante l’attività biologica (e il nome), generando 9 isomeri differenti.
La forma sterica più utilizzata di questa molecola è il mio-inositolo, poiché è l’isomero che il nostro corpo produce e utilizza direttamente.
Questo ciclitolo viene utilizzato sia in quanto tale per le sue proprietà biologiche, che come forma di rilascio di acido nicotinico (inositolo nicotinato: ipolipidemizzante e malattie vascolari periferiche quali Reynaud e claudicatio intermittens).
L’integrazione di mio-inositolo sembra avere attività antidepressiva e ansiolitica. Queste attività non vengono esercitate direttamente dalla molecola, ma sono secondarie ad una catena di trasformazioni biologiche che la rendono capace di attivare i recettori della serotonina.
Tuttavia non è per questo, o forse non solo per questo, che viene utilizzato nella pratica medica.
Infatti, ci ricordiamo del mio-inositolo soprattutto per gli effetti ginecologici.
La somministrazione di mio-inositolo (2g/die associato a 200mg di acido folico) riesce a ridurre i valori di LH, PRL, insulina e LH/FSH in pazienti affette dalla sindrome dell’ovaio policistico già dopo 12 settimane di trattamento. Cruciale per la sua attività sembra la riduzione dei livelli di insulina circolante, che altera la secrezione di LH e, conseguentemente, il normale ciclo mestruale.
Nella maggioranza dei casi, al termine del trattamento si è osservata la normalizzazione del ciclo, associata ad una riduzione del peso corporeo.
Altro aspetto non secondario nella sindrome dell’ovaio policistico è l’assenza di ovulazione. Cruciale in particolare per le donne che ricercano una gravidanza, ma non secondario per la fisiologia dell’apparato ginecologico in tutte le pazienti.
Attualmente per ripristinare l’ovulazione si utilizzano farmaci come il clomifene o l’ormone follicolo-stimolante che, però, rischiano di portare a gravidanze multiple e alla sindrome dell’ovaio iperstimolato. Dopo 6 mesi, 2 grammi 2 volte al giorno di mio-inositolo ha portato nell’88% dei casi al ripristino dell’ovulazione spontanea, il 40% dei quali si è concluso con una gravidanza. (nessun caso di gravidanze multiple)
Il D-chiro-inositolo è un altro isomero che si dimostrato particolarmente efficace contro la resistenza insulinica. Esso è conosciuto come un importante messaggero secondario del segnale di trasduzione dell'insulina ed un suo deficit può portare ad insulino-resistenza.
Come il mio-inositolo, anche il D-chiro-inositolo sembra avere notevoli effetti benefici sulla sindrome dell'ovaio policistico.
Eccoci dunque ritornati alla domanda di partenza: quale isomero è più efficace nell’ovaio policistico?
Per rispondere al quesito ci viene in soccorso un articolo apparso nel 2014 sulla rivista internazionale “Gynecologic Endrocrinology” redatto da alcuni ricercatori italiani.
Nei casi trattati in questo articolo è apparso evidente come il ruolo di entrambi gli isomeri si manifesti a più livelli, migliorando comunque la funzionalità ovarica e la resistenza insulinica nelle pazienti. La differenza si concentra negli effetti secondari, dove il mio-inositolo sembra essere più efficace nel migliorare il profilo metabolico, mentre il D-chiro-inositolo sembra preferibile in caso di sovra produzione di ormoni androgeni.
Mio inositolo o D-chiro-inositolo? ai ginecologi l’ardua scelta...
Luca Guizzon
Fonti: