Sale, chimicamente conosciuto come "Cloruro di Sodio": il cloro avvelena, il sodio esplode... eppure assieme sono “il sale” della vita, oltre che della cucina.
Il sodio è un minerale necessario per la nutrizione che era poca diffusa nella preistoria. La selezione evolutiva ha sviluppato dei meccanismi fisiologici quali i sistemi ormonali e neuronali che servono per promuovere l’ingestione di sodio. La carenza di sodio determinrà l’attivazione di questi sistemi fisiologici che spingeranno l’essere umano a ricercare sostanze salate e uno stato di “ricompensa” quando vengono assunti cibi contentti sodio.
La carenza di sodio sembra essere associata a stati psicologici avversi tra cui anedonia, cognizione alterata e fatica.
In certe circostanze, i processi fisiologici che promuovo l’assunzione di saodio possono diventare così potenti da causare un’assunzione di sale in eccesso rispetto ai bisogni fisiologici.
L’assunzione di livelli eccessivi di sale possono aumentare il rischio di ipertensione e di patologie cardiovascolari. Una ricerca sociologica ha dimostrato che i consumatori sono, in generale, in grado di identificare i rischi per la salute dovuti ad un’assunzione smodata di sale. Viceversa, la conoscenza dei livelli di sale raccomandati e la comprensione delle relazioni tra sale/sodio/cibo e il loro contributo nella dieta.
Questo è un aspetto cruciale da far conoscere soprattutto ai pazienti con problemi di pressione sanguinea (con ipertesione o pre-ipertensione) che è bene riducano il livello di assunzione di sale con la dieta
Ma se togliamo troppo sale?
L’iponatremia (deficit di sodio nel sangue) è il disordine elettrolitico più comune riscontrato nella pratica clinica. Se i livelli di sodio si abbassano sotto la soglia minima, può verificarsi un edema cerebrale con ipossia, ma senza arrivare a questi estremi, già una significativa carenza può portare a deficit cognitivi, soprattutto nelle persone anziane.
Il livello limite sotto cui una persona anziana non deve scendere è di 118 mmol/l.
In uno studio tedesco del 2012, si sono reclutati 2880 pazienti con modeata iponatremia (tra 118 e 131mmol/l) oppure con valori nella norma (sopra i 135mmol/l) al fine di valutare se vi fossero differenze nello stato cognitivo, di deprepssione e nutrizionale.
I pazienti con i livelli di sodio più basso hanno dimostrato una peggiore performance congitiva, un minor stato di benessere psicofisico e un generale stato di malnutrizione. Inoltre, i pazienti con poco sodio incontravano più necessita farmacologiche rispetto ai pazienti con i valori di sodio ottimali.
Gli effetti della carenza di sodio possono quindi essere insidiosi, non solo per i soggetti anziani, ma anche per chi ha problemi respiratori, chi soffre di insufficienza cardica o di cirrosi epatica.
Ma concentrandoci, è il caso proprio di dirlo, sugli aspetti congitivi, uno studio, sempre del 2012 apparso sulla rivista “Clinical Neuropsycology” ha dimostrato come anche i livelli borderline di natremia possono essere dannosi. Gli studiosi hanno dimostrato che bassi livelli di sodio, oltre a danneggiare la funzione congnitva, possono ridurre anche la funzionalità psicomotoria.
Quindi se si deve ridurre l’introduzione di sodio è bene farlo... ma occhio a non esagerare!
Luca Guizzon
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