Se vi state chiedendo come mai il nome di questo dipeptide, scoperto nel 1900, richiami tanto il vocabolo “carne”, la spiegazione è presto fornita: è il principale costituente della “carne di Liebig”.
Questo composto era un estratto di carne (sviluppato dal chimico Liebig nel 1840), una melassa nera costituita da carne bovina e sale, che veniva somministrato come sostituto economico e nutriente della carne per coloro i quali non potevano permettersi la “vera” carne.
Benchè l’esatta funzione della carnosina sia ancora sconosciuta, si è ritrovata nei tessuti eccitabili di tutti i vertebrati, in particolare nel sistema nervoso e nei muscoli. La carnosina ha dimostrato attività antiossidante e tampone del pH nel muscolo scheletrico. Riesce quindi ritardare quindi l’insorgenza dell’affaticamento muscolare. Si ipotizza possa essere anche un neurotrasmettirore, così come avere attività “anti-invecchiamento”.
Visto la sua abbondante presenza nei muscoli e le sue proprietà tampone, gli studiosi hanno ipotizzato un effetto nella performance atletica dato dalla supplementazione di carnosina. In particolare, in pazienti con insufficienza cardiaca, la carnosina (alla dose di 500mg) associata alla terapia farmacologica standard, ha migliorato la qualità della vita e l’attività fisica.
Ma è a livello oculare che le prospettive per la carnosina sono molto interessanti.
Infatti, la carnosina ha anche dimostrato effetti anti-glicazione, intervenendo bloccando gli intermedi della reazione. La glicazione è una reazione chimica che porta alla coniugazione di proteine e conseguente formazione di composti che sono poi implicati in patologie quali l’aterosclerosi, la retinopatia, la nefropatie e la cataratta.
Un primo studio (del 2008) ha voluto determinare l’efficacia di una formulazione topica di N-acetilcarnosina nel trattamento della cataratta nei cani.
I cani sono stati trattati 3 volte al giorno con una preparazione di N-acetil carnosina, in associazione a glutatione e cisteina ascorbato, taurina e riboflavina. Al termine del trattamento, si è registrata una riduzione dell’opacizzazione del cristallino sia in casi di cataratta conclamata, ma soprattutto nei casi dove la patologia era ai primi stadi.
A seguire, uno studio italiano di coorte su oltre 50.000 pazienti, ha voluto studiare un collirio con acetil-carnosina. Si è voluto valutare la qualità della vista dopo 9 mesi di trattamento in pazienti affetti da cataratta. I pazienti ha dimostrato un generale miglioramento dei sintomi associati alla cataratta, con minor opacizzazione del cristallino e ridotta la sensibilità alla luce. Il meccanismo con cui la N-acetilcarnosina riesce a prevenire e a far regredire la cataratta si spiega nel suo potere antiossidante, che mantiene in funzione gli enzimi anti-ossidanti presenti nel cristallino (in particolare evitando fenomeni di glicazione). Questo impedisce l’ossidazione degli acidi grassi, la modificazione delle proetine e potrebbe suggerire un utilizzo anche come integrazione preventiva contro la neurodegenerazione nel galucoma, nella maculopaita senile nella retinopatia diabetica .
Un ultimo ambito di interesse per l’uso della carnosina riguarda l’autismo. Sembra infatti che la carnosina possa migliorare la funzione della corteccia forntale ed essere neuroprotettiva. Si sono sottolineate anche interazioni con il GABA (un neurotrasmettitore cerebrale) con possibili effetti anticonvulsivi. Alla dose di 800 mg giornalieri, dopo 8 settimane, i bambini trattati con la carnosina hanno dimostrato miglioramenti nella valutazione psicologica per quanto riguarda la socializzazione, il comportamento e la comunicazione.
Luca Guizzon
Tra le fonti: PDR Integratori
Foto: The saleroom