Il coenzima Q10, o ubidecarenone, appartiene al gruppo degli ubichinoni, molecole liposolubili implicate nella produzione di energia a livello cellulare, in particolare nei mitocondri (le “centrali energetiche” della cellula).
Gli ubichinoni sono presenti nella maggior parte degli organismi che necessitano di ossigeno per vivere: dai batteri alle piante, agli animali e all'uomo.
Ma cerchiamo di capire il cosa si cela dietro questo nome alfanumerico: “coenzima” sta a significare una sostanza che aiuta o partecipa ad una reazione sostenuta da un enzima (una proteina) all’interno delle nostre cellule. I coenzimi Q sono quindi delle molecole che aiutano il trasporto di elettroni e la relativa produzione di energia nei mitocondri. Il “10” indica il numero di unità isoprene (formate da 5 atomi di carbonio) presenti nella struttura della molecola. Tuttavia si può alternativamente decidere di indicare anche il numero di atomi di carbonio: ecco che “Coenzima Q10” e “Coenzima Q(50)” indicano, in realtà, la stessa molecola.
L'ubidecarenone è considerato un antiossidante e stabilizzante di membrana cellulare, preservando la cellula da insulti ossidanti. Il coenzima è particolarmente abbondante nelle cellule miocardiche e una sua carenza determina un deterioramento dei processi energetici e viene spesso associato a patologie cardiovascolari.
Il CoQ10 viene sintetizzato nelle cellule dell'oganismo con meccanismi comuni a quelli con cui viene sintetizzato il colesterolo. Ecco perchè si tende a consigliarlo ai soggetti in trattamento con le statine. Questi principi attivi, infatti, riducendo la sintesi di colesterolo endogeno, contestualmente riducono anche la sintesi di coenzima Q10. Ma, benché a livello teorico si possa immaginare un’utilità nella supplementazione di coenzima Q10 in caso di concomitante assunzione di statine per limitarne gli effetti collaterali a livello muscolare (miolisi), mancano purtroppo dati scientifici definitivi circa l’effettiva utilità di tale integrazione.
Ben più convincenti sono gli studi quanto invece si intende somministrare il coenzima Q10 a pazienti affetti da patologie cardiache.
Basti pensare che per quanto riguarda l’insufficienza cardiaca congestizia, già nel 1974 in Giappone, il coenzima q10 è stato registrato come farmaco.
Un grande studio italiano del 1994 ha sottolineato come l’insufficienza cardiaca, che può essere efficacemente trattata con farmaci digitalici, diuretici e vasodilatatori, sia caratterizzata da una perdita di energia del muscolo cardiaco, dovuto ad un calo dei livelli di ATP cardiaci e di Coenzima Q10. Gli studiosi hanno quindi voluto valutare l’efficacia e la sicurezza di un trattamento con coenzima Q10 in pazienti con insufficienza cardiaca da almeno 6 mesi e trattati con la terapia convenzionale.
Infatti, il coenzima Q10 dovrebbe essere in grado di migliorare la produzione dell’energia cellulare. Si sono reclutati un totale di 2664 pazienti, in 173 centri cardiologici italiani, trattandoli con dosi da 50 a 150 mg di Coenzima Q10 al giorno. Dopo 3 mesi di trattamento, vi è stato un miglioramento significativo per i segni clinici quali edema, cianosi, dispnea, palpitazioni, insonnia, vertigini, etc. Tutto questo ha sottolineato come l’integrazione con coenzima q10 può portare ad un miglioramento della qualità della vita nei pazienti con insufficienza cardiaca.
A riprova di questa efficacia, un recente studio del 2015 in multicentro, ha valutato l’efficacia di un trattamento con 100 mg per 3 volte al giorno di CoenzimaQ10 per 2 anni su 420 pazienti, in aggiunta alla terapia convenzionale. Vi è stata una riduzione del 10% degli effetti avversi cardiovascolari e della mortalità nei soggetti trattati anche con coenzima Q10, rispetto alla sola terapia farmacologica. Tutto questo porta gli autori a concludere che un trattamento anche prolungato con CoQ10 è sicuro, migliora i sintomi e riduce la probabilità di comparsa di eventi cardiovascolari maggiori.
Sempre a livello di apparato cardiovascolare, si può evidenziare un ruolo dell'ubidecarenone come terapia coadiuvante nell’ipertensione. Alcuni studi suggeriscono addirittura una possibile riduzione dei farmaci antiipertensivi se presi in combinazione con il coenzima Q10.
Da un’analisi della letteratura scientifica circa l’utilizzo del coenzima Q10 in pazienti ipertesi, si è vista una riduzione media della pressione sistolica (massima) di 16.6 mm Hg, mentre la pressione minima (diastolica) è calata di 8.2 mm Hg.
Tutti gli studi concordano nell'affermare che nei pazienti con patologie cardiovascolari e concomitante trattamento con statine, poichè entrambe le situazioni sono caratterizzate o possono condurre ad un deficit di Coenzima Q10, l’integrazione con questa molecola è da raccomandarsi.
Capsule a dosaggio personalizzato di Coenzima Q10, qualora il medico ne valuti la necessità, possono essere preparate nel nostro laboratorio galenico seguendo tutte le accortezze (ricordiamo che il CoQ10 è danneggiato dall’esposizione alla luce) che ne garantiscono il mantenimento dell’efficacia.
Studi hanno dimostrato l’utilità del coq10 anche nelle patologie neurodegenerative, in quanto può mitigare gli effetti negativi dello stress ossidativo e il danneggiamento della funzione mitocondriale che si presenta in alcune di queste sindromi quali Parkinson, morbo di Hungtinton, SLA e Alzheimer.
Ma non vorrete che vi si sveli tutto subito, no?!
Luca Guizzon
Tra le fonti: Medicamenta, PDR