Il caffè è una delle bevande più diffuse e consumate al mondo.
Al di là del gusto, il suo enorme successo è sicuramente legato agli effetti che provoca sull’organismo e, in particolare, alla presenza di caffeina.
Quest’ultima, a seconda di chi la descrive, passa dall’essere considerata un eccitante elisir vegetale all’essere evitata come dannosa droga legalizzata.
Analizzare tutti i pro e i contro del consumo del caffè sarebbe impresa titanica; cerchiamo allora in poche righe di diradare qualche dubbio su tre convinzioni largamente diffuse.
La prima idea è sicuramente quella che il caffè aiuti a digerire, specialmente se preso dopo pranzo. Alcuni studi specifici confermano questa sensazione.
Nel 2009, una ricerca pubblicata su una rivista di gastroenterologia ha fatto chiarezza, grazie ad un test eseguito su volontari. Si è visto che il caffè riduce sensibilmente i tempi di svuotamento gastrico, suggerendo un possibile uso clinico del prodotto in pazienti con disordini alla funzione gastrointestinale.
Una seconda convinzione diffusa è che il caffè aumenti le prestazioni sportive e agonistiche. In questo caso però, gli studi sembrano smentire.
Un test ha coinvolto 20 giovani uomini sani in una prestazione di resistenza, misurando gli effetti della bevanda sulle capacità aerobiche. Nessuna delle diverse dosi di caffeina testate ha però portato a differenze nel risultato agonistico, rispetto al semplice placebo.
Il terzo mito riguarda le potenzialità terapeutiche: di solito si ritiene che, al di là della classica spinta mattutina, il caffè non abbia veri e propri effetti sulla salute.
E invece, uno studio del 2013 ha messo in luce un possibile effetto benefico su pazienti affetti da epatite C.
Il caffè, infatti, induce una riduzione del danno ossidativo, fa aumentare la lunghezza dei telomeri e abbassa la sintesi di collagene: tutti aspetti che lo candidano ad essere un fattore protettivo, e ritardante rispetto alla progressione della malattia.
Tre punti di vista che dimostrano quanto articolato può essere il nostro rapporto con un qualsiasi prodotto naturale, e quanto la ricerca debba farsi specifica, per non lasciare nulla di intentato e non tralasciare possibili contraccolpi o effetti collaterali.
Fonti: