Ci abbiamo fatto di tutto: dalle granite alle sigarette elettroniche, dalla legna da ardere ad alimento per i bachi da seta.
Il gelso è una delle piante più caratteristiche della nostra penisola, anche se la leggenda vuole che sia stato addirittura Marco Polo ad importarlo dalla Cina.
Anche a livello di proprietà terapeutiche, ci sono stati negli anni delle tradizioni che lo riguardavano: masticando la corteccia per esempio, si è creduto di prevenire la carie; i decotti delle radici invece, venivano usati nella medicina popolare come rilassanti.
È nell’ultimo periodo però che la ricerca scientifica si sta concentrando sulle varie parti di questo albero, per sfruttarne tutte le potenzialità: diversi studi infatti ne stanno testando le foglie, le gemme, la corteccia e le radici.
E proprio dalle foglie è partito uno studio asiatico, che ha voluto valutare l’effetto anti-iperglicemico di un estratto standardizzato di Morus Alba, il gelso bianco appunto. Si è cercato di capire se questo fitofarmaco inibisce la cosiddetta α-glucosidase, che nell’intestino rompe l’amido e disaccaridi trasformandoli in glucosio.
Si è valutato non solo l’eventuale tossicità della dose, ma anche la riduzione del glucosio nel sangue, negli animali e nei pazienti coinvolti: tutti individui con alterata tolleranza al glucosio.
Alla fine dello studio, l’estratto di foglie di mora è stato in grado di inibire α-glucosidase quattro volte di più rispetto al gruppo di controllo, che era stato trattato con il comune principio attivo anti-obesità (l’acarbosio).
Di conseguenza, anche la concentrazione totale di glucosio nel sangue si è ridotta, nei pazienti trattati. Sembrano dunque arrivare le prime prove scientifiche circa la validità degli estratti dall’albero di mora.
Ultima curiosità: si è notato che anche in un gruppo di persone non affette da questo disturbo, il fitofarmaco ha inibito il classico picco iperglicemico post pranzo.
Sarà per questo che usiamo da sempre la mora come base per un gustoso digestivo?
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