Il cosiddetto castagno d’India è da molto tempo usato per la prevenzione di malattie del sistema venoso periferico.
Ha infatti degli effetti del tutto peculiari e importanti: aumenta la resistenza capillare, riduce la permeabilità dei vasi, ha attività antiinfiammatoria e di drenaggio linfatico. Non stupisce allora di incontrarlo tra i componenti di molti farmaci prescritti in casi di insufficienza venosa periferica, emorroidi, cellulite e fragilità capillare.
Nonostante l’ippocastano sia già molto prezioso dunque, negli ultimi anni si sta tentando di sfruttarne gli effetti su più campi.
Uno dei casi più curiosi riguarda i disturbi alla perfusione dell’orecchio interno.
A questo riguardo, c’è uno studio del 2008, in cui il principio attivo dell’ippocastano (detto escina) è stato combinato con un comune flavonoide (la troxerutina). L’efficacia di questa combinazione è stata poi testata in uno studio clinico, mettendola in confronto con la pentoxifillina, che è il farmaco comunemente usato in questi casi.
L’obiettivo principale dello studio era valutare il miglioramento dell’udito dopo 40 giorni di trattamento. Per essere considerato significativo, gli studiosi hanno deciso che tale miglioramento della percezione uditiva doveva essere di almeno 10 decibel rispetto alla soglia di partenza. Ebbene, dopo il trattamento con la combinazione di estratti, ben 23 dei 34 pazienti hanno superato il test. Anche con la pentoxifillina l’udito è migliorato, ma sorprendentemente in maniera meno intensa. A livello di effetti collaterali, entrambi i trattamenti sono stati ben tollerati da tutti.
L’ippocastano sembra dunque allargare la sua gamma d’azione e, come spesso gli accade, in maniera eccellente: per essere un rimedio naturale, i suoi effetti sono sempre molto intensi. Anche per questo, un’attenta supervisione medica è sempre consigliabile.
Fonti:
- "Le 100 erbe della salute", Fabio Firenzuoli