Mai come in questi anni l’oceano culturale che da sempre separa scienza medica occidentale e medicina tradizionale indiana va restringendosi.
Ad onore del vero, i fiumi che alimentavano quel mare, fatti di considerazioni categoriche e pregiudizi affrettati, sono quasi sempre nati dalla ‘nostra’ parte, e si possono riassumere con l’accusa di scarsa scientificità.
Nell’ultimo periodo però, sempre maggiori aspetti di quella tradizione vengono riscoperti e suffragati da prove scientifiche, circa i loro effetti: un caso esemplare può essere quello di Bacopa monnieri, un’erba perenne che nasce in climi umidi, tipica del sud dell’India ma diffusa in tutto il mondo.
Uno studio australiano, condotto nel 2005 e pubblicato nel 2010, ha cercato di investigare l’efficacia di Bacopa nelle performance cognitive di soggetti anziani: 98 partecipanti sani, di età superiore ai 55 anni, sono stati divisi in due gruppi. Uno ha ricevuto 300mg al giorno di Bacopa, l’altro la stessa dose di placebo.
I controlli, fatti da screening neurofisiologici e test di memoria soggettiva, sono stati multipli, in tutte le 12 settimane dalla terapia. Rispetto al placebo, Bacopa ha significativamente migliorato l’apprendimento verbale e l’acquisizione memonica nei soggetti coinvolti. Di contro, ha dimostrato alcuni effetti collaterali gastrointestinali, come nausea e crampi addominali.
Negli anni che sono seguiti, le ricerche su Bacopa si sono allargate sempre più, al fine di capire gli altri effetti dell’erba, oltre a quello associato all’aumento della capacità cognitiva: in particolare, le attenzioni si stanno ora concentrando sull’azione ansiolitica, antidepressiva e sedativa dei suoi estratti, con risultati sempre più convincenti.
Come a dire: se una tradizione ha alle sue spalle migliaia di anni di vita, significa che qualcosa di noi la racconta.
O meglio, visto che parliamo di erbe officinali: significa che su qualcosa di noi influisce.
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