Il coenzima Q10, o ubidecarenone, appartiene al gruppo degli ubichinoni, molecole liposolubili implicate nella produzione di energia a livello cellulare, in particolare nei mitocondri (le “centrali energetiche” della cellula).
Gli ubichinoni sono presenti nella maggior parte degli organismi che necessitano di ossigeno per vivere: dai batteri alle piante, agli animali e all'uomo.
Ma cerchiamo di capire il cosa si cela dietro questo nome alfanumerico: “coenzima” sta a significare una sostanza che aiuta o partecipa ad una reazione sostenuta da un enzima (una proteina) all’interno delle nostre cellule. I coenzimi Q sono quindi delle molecole che aiutano il trasporto di elettroni e la relativa produzione di energia nei mitocondri. Il “10” indica il numero di unità isoprene (formate da 5 atomi di carbonio) presenti nella struttura della molecola. Tuttavia si può alternativamente decidere di indicare anche il numero di atomi di carbonio: ecco che “Coenzima Q10” e “Coenzima Q(50)” indicano, in realtà, la stessa molecola.
L'ubidecarenone è considerato un antiossidante e stabilizzante di membrana cellulare, preservando la cellula da insulti ossidanti. Il coenzima è particolarmente abbondante nelle cellule miocardiche e una sua carenza determina un deterioramento dei processi energetici e viene spesso associato a patologie cardiovascolari.
Il CoQ10 viene sintetizzato nelle cellule dell'oganismo con meccanismi comuni a quelli con cui viene sintetizzato il colesterolo. Ecco perchè si tende a consigliarlo ai soggetti in trattamento con le statine. Questi principi attivi, infatti, riducendo la sintesi di colesterolo endogeno, contestualmente riducono anche la sintesi di coenzima Q10. Ma, benché a livello teorico si possa immaginare un’utilità nella supplementazione di coenzima Q10 in caso di concomitante assunzione di statine per limitarne gli effetti collaterali a livello muscolare (miolisi), mancano purtroppo dati scientifici definitivi circa l’effettiva utilità di tale integrazione.
Ben più convincenti sono gli studi quanto invece si intende somministrare il coenzima Q10 a pazienti affetti da patologie cardiache.
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Inizia la primavera e subito compaiono le prime allergie!
Per contrastarle si possono utilizzare degli spray a base di sodio cromoglicato. Il sodio cromoglicato è in grado di inibire la il rilascio dei mediatori chimici che determinano, a livello polmonare, la reazione bronchiolospastica sia immediata che tardiva. Questo effetto protettivo può durare ore.
Per contro, se viene somministrato anche soltanto un minuto dopo la stimolazione antigenica, il cromoglicato presenta scarso effetto sul decorso della risposta. Non ha effetto broncodilatatore intrinseco, ma evita la broncocostrizione indotta da agenti allergizzanti o sostanze chimiche (esp. Acido acetilsalicilico).
Come mai tutto questo parlare del sodio cromoglicato, in un articolo che dovrebbe trattare di omeopatia?
Perchè è stato preso come medicinale convenzionale di riferimento per effettuare un confronto di efficacia e tollerabilità nei confronti di uno spray omeopatico a base di luffa.
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Che i topi se la facciano sotto di fronte ad un gatto, è una cosa che la natura ci insegna da sempre.
Non si pensava però che lo stesso effetto potesse essere raggiunto da una pianta che del gatto porta solo il nome: la cosiddetta “barba di gatto” appunto, tipica dall’Indonesia, chiamata scientificamente Orthosiphon.
Le sue foglie tritate contengono, oltre a diverse vitamine, i preziosi flavonoidi e un efficace olio essenziale: l’effetto principale è proprio quello di stimolare l’attività renale, costituendo così un buon diuretico naturale.
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L’acetil-carnitina non solo è un estere aminoacidico, ma anche una forma di rilascio sia di L-carnitina che di gruppi acetilici. Entrambi i componenti che costituiscono da questa molecola hanno importanti funzioni a livello fisiologico.
E non stiamo parlando di funzioni da nulla...
La parte acetilica, contribuisce alla produzione di acetilcolina: un neurotrasmettitore il cui deficit può causare malattie quali Alzheimer o demenza. Un'attenta analisi della letteratura scientifica ha concluso chela somministrazione di acetilcarnitina potrebbe migliorare i risultati dei compiti di attenzione e concentrazione in soggetti anziani colpiti dal morbo di Alzheimer, così come la memoria verbale a lungo termine e l’attenzione. Questi risultati potrebbero essere dovuti sia alla capacità dell’acetil-carnitina di impedire la morte dei neuroni, sia all’aumentata produzione di acetilcolina. Inoltre, il gruppo acetile, associato con il coenzima A (sostanza naturalmente presente all’interno delle nostre cellule), interviene nel ciclo di produzione dell’energia cellulare, influenzando sia il metabolismo degli acidi grassi che quello degli zuccheri.
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