Avete mai visto una pianta con la crema solare?
Effettivamente, sarebbe inutile per i vegetali anche perché la luce del sole è la loro principale fonte di energia.
Per riuscire ad alimentarsi meglio, le piante producono dei particolari composti, detti carotenoidi, in grado di “catturare” la luce del sole e contestualmente proteggere dai danni degli ultravioletti.
Luteina e zeaxantina sono due composti che fanno parte di questo pool di sostanze vegetali. Se scrivessimo la loro formula non noteremmo alcuna differenza, differenza che tuttavia si palesa sia per alcuni aspetti di struttura tridimensionale, sia per gli alimenti nei quali le ritroviamo. Ad esempio, la zeaxantina dona il giallo al mais (Zea mais, da cui deriva il termine zeaxantina), al tuorlo d’uovo, al peperone giallo, all’arancia e al mango; la luteina, invece, si ritrova nei vegetali a foglia verde come broccoli, piselli, cavoli, melone e kiwi.
Nell’uomo le due sostanze si localizzano fisiologicamente nella macula lutea (una zona della retina) e nel cristallino (la “lente” dell’occhio). Luteina e zeaxantina fungono da “occhiali da sole” integrati nei nostri occhi: filtrano la luce blu e la radiazioni del vicino UV, inattivando le specie reattive dell’ossigeno che vengono create dalle radiazioni luminose e che potrebbero altrimenti danneggiare seriamente i tessuti oculari.
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Non so a voi....ma a me già il nome “ledum palustre” richiama paludi, acquitrini, stagni ed in generale zone dove, in estate, il solo avvicinarsi significa ritrovarsi con un nugolo di zanzare che ci ronza attorno.
In realtà la pianta da cui si ricava il rimedio omeopatico "Ledum" si chiama “Rhododendron tomentosum”, ma sicuramente “ledum palustre” rendeva meglio l’idea!
Infatti, Ledum palustre è il rimedio omeopatico più conosciuto ed utilizzato per trattare le punture di zanzare.
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Viene da pensare quando una pianta autoctona europea, ricca di principi attivi utili in ogni sua parte viene “scoperta” solo nel 1800, ed in un lampo passa da essere “pianticella da orto” a “pianta della longevità”... [cit. Binet]
E gli studiosi romantici avevano ben d’onde di definirla così: foglie, bacche ed anche i semi, senza dimenticarci le gemme, tutto il ribes può essere utilizzato a fini salutistici.
Le foglie fresche contengono un complesso di polifenolie e triterpeni dotati di attività diuretica e antiinfiammatoria, stessa proprietà che caratterizza i semi (ricchi di Omega 6 e omega 3), le bacche sono ricche di antociani, procianidine e vitamine ad azione antiossidante.
Sebbene la ricerca scientifica si sia concentrata sugli estratti di foglie e di semi di Ribes, dimostrandone le proprietà antiinfiammatorie sull’apparato osteoarticolare delle prime e antiallergiche dei secondi, l’estratto più utilizzato è il macerato glicerico.
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Con il termine “vitamina K”, si definisce in realtà un gruppo eterogeneo di sostanze, identificate nelle verdure a foglia verde, nei semi di cannabis e nel pesce o prodotte dalla flora batterica intestinale, tutte dotate di attività antiemorragica.
È proprio questa loro proprietà che ne ha ispirato il nome: infatti, derivano dalla parola tedesca koagulation (coagulazione). La vitamina K1 (fillochinone) è la forma di vitamina K più presente a livello ematico e che maggiormente introduciamo con la dieta.
Forse non ce lo ricordiamo...ma tutti noi abbiamo avuto una somministrazione di vitamina K almeno una volta nella vita: appena nati. Infatti, è di routine la somministrazione intramuscolare nel neonato per evitare emorragie nei primi giorni di vita.
La vitamina K, che non solo è importante per l’emostasi ma anche per il metabolismo osseo, purtroppo può essere “consumata” dall’utilizzo cronico di alcuni farmaci (esp: warfarin, antibiotici, salicilati).
La vitamina K2 o menachinone è presente nel tuorlo delle uova di gallina, nel burro, nel fegato, nei formaggi. Le due varianti di vitamina K2 più utilizzate nell’integrazione sono MK-4 o MK-7 che, pur avendo come struttura chimica lo stesso gruppo centrale attivo, si differenziano per la lunghezza delle catene laterali.
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